L’intervista a Paolo Nicolodi, coordinatore del progetto RETI, che da anni si occupa di promozione delle politiche giovanili e di progetti rivolti ai giovani sul territorio

Quali sono gli interessi più comuni dei giovani d’oggi? Come questi interagiscono tra pari e con i ruoli adulti? I giovani come abitano il loro territorio e in quest’ultimo quali occasioni e opportunità ci sono?
Lo spiega in questa intervista
Paolo Nicolodi, coordinatore del progetto RETI (Rete Territoriale Integrata
per giovani e adolescenti). Un professionista del territorio della
Martesana, che da anni si occupa di promozione delle politiche giovanili e di
progetti rivolti ai giovani.
L’intento è quello di offrire ai genitori, ma più in generale a coloro che si
interfacciano a diversi livelli con i giovani, uno spaccato dei punti di forza
e criticità nel come i giovani vivono e interagiscono tra loro e con il
territorio.
Per i lettori che non conoscono il progetto RETI, presentiamo brevemente quali sono i suoi obiettivi e come si sviluppa ?
RETI è un progetto rivolto a giovani e famiglie per
supportarli sui temi dell’orientamento alla scelta scolastica e lavorativa,
nonché a sostegno di scuole e altre realtà del territorio rispetto ai temi
delle scelte e dei comportamenti dei giovani. La strategia, come dice il nome,
è mettere in rete ciò che già esiste e viene attivato dal territorio. Nello
specifico, RETI è un acronimo. Significa Rete Educativa Territoriale Integrata
per adolescenti e giovani. Il progetto è promosso dall’ambito sociale di Melzo.
Ciò significa che le attività non si svolgono solo a Melzo, ma anche sui comuni
di Liscate, Cassano d’Adda, Inzago, Vignate, Pozzuolo Martesana, Truccazzano,
Settala.
RETI è attivo attraverso degli sportelli denominati Reti Point, che sono
presenti sia sul territorio che nelle scuole medie e superiori. Per trovare o
chiedere informazioni, basta cercarci sul sito www.retipoint.it oppure sia
su facebook
che su Instagram attraverso i profili RetiPoint.

In qualità di coordinatore del progetto RETI, come descriveresti la “popolazione giovanile” della Martesana?
A partire da quello che vedo attraverso l’interlocuzione coi miei colleghi, ma anche i servizi sociali comunali ed attraverso alcune realtà del territorio (in particolare i diversi progetti di politiche giovanili che i comuni sviluppano), il mondo giovanile è molto vario e diversificato. Però ci sono alcune tratti comuni, che ne caratterizzano la specificità di questo periodo. Ecco quali:
Il senso di appartenenza al territorio
I giovani si muovono molto verso Milano, soprattutto per cogliere le occasioni di svago. Ma vivono molto anche il territorio, con un senso di appartenenza che li fa interessare verso ciò che avviene. Sia come tradizioni che come partecipazione all’organizzazione di eventi, occasioni di incontro e aggregazione, di sviluppo del proprio territorio, di promozione e valorizzazione del patrimonio molto ampio (sia culturale che ambientale) della Martesana. Tendono molto a mettere a disposizione le proprie competenze e idee, oltre che il loro tempo.
L’utilizzo degli spazi comuni
A partire dalla pandemia, i giovani sia preadolescenti, che adolescenti, hanno iniziato di più a vivere il territorio aggregandosi in spazi comuni come parchetti, piazze, giardini, vie. Se questo ha provocato disagi di “buon vicinato”, visto che tali aggregazioni avvengono in orari molto diversi, hanno però evidenziato una voglia di stare insieme. Di scambiarsi oltre il virtuale, di cercare il contatto fisico (a volte il virtuale è propedeutico o a sostegno del reale e non come vita differente);
La gestione del proprio tempo
Con l’avvento del virtuale adesso aperto anche al mondo dei film e della televisione, i giovani posso gestirsi in modo diversificato i propri impegni reali e virtuali. Non ci sono più orari televisivi a cui adattarsi. Piuttosto è il giovane che adatta e sceglie quando fermarsi per il virtuale e quando stare nel reale. A parte il periodo scolastico mattutino, i giovani sempre più hanno una enorme flessibilità nella gestione del proprio tempo e delle proprie attività.
Rispetto agli interessi più comuni e alle attività più svolte, i giovani esprimono tantissimo la richiesta di effettuare feste, eventi musicali e aggregativi, di divertirsi. Altro tema importante è l’attività fisica e lo sport. Non solo calcio, ma gli interessi si ampliano a diverse discipline, sia di gruppo che singole. E poi sempre più avanza il bisogno di mettersi a disposizione della comunità. Di poter “contare” di più sviluppando proposte di attività che vorrebbero fossero sostenute dal mondo adulto.
Quali sono punti di forza e criticità nel come i giovani vivono e interagiscono tra loro e con il territorio?
Rspetto al rapporto dei giovani col proprio territorio ci
sono due punti di forza e due criticità.
Tra i punti di forza, innanzitutto osservo il senso
di appartenere ad un luogo con una storia, con delle tradizioni (che si
manifestano con le sagre di paese o di quartiere) crea un senso di appartenenza
che per molti giovani è importante proseguire. Dall’altra una mobilità che favorisce lo scambio tra paesi diversi (oltrechè
il raggiungere Milano, con tutte le sue proposte) favorisce una apertura
mentale. E una possibilità di sperimentarsi in attività molto diversificate.
Inoltre, la presenza di ampi spazi aggregativi (parchi, campi e sentieri,
ciclabili) permette ai giovani di vivere il territorio senza grandi costruzioni
e di favorire l’uscire di casa;
Le criticità sono da una parte collegate al fatto del rispetto delle regole di “buon vicinato”. Che
mettono spesso in cattiva luce i comportamenti dei giovani che “abitano” piazze
e giardini. Dall’altra, vedo una difficoltà nel relazionarsi
con il mondo adulto strutturato (comitati, associazioni, etc.) che
rischia di escludere le proposte e idee dei giovani rispetto alla vita del
territorio.
Quali competenze “di cittadinanza” vedresti prioritario promuovere?
Credo che la competenza che dovrebbe essere sostenuta e rafforzata è quella propria di sentirsi cittadini. Cioè di comprendere i meccanismi di funzionamento del territorio, di poter dialogare con il mondo adulto e saper attendere i tempi di risposta, che non possono essere immediati, come spesso i giovani richiedono.

Quali opportunità/occasioni offre il territorio in cui i giovani possono sperimentarsi e accrescere il loro bagaglio di competenze? Ci faresti qualche esempio?
Le occasioni sono molte. In diversi territori, le amministrazioni comunali creano proprio dei servizi appositi che vogliono favorire questa opportunità di sperimentazione. Quella che più mi pare riesca nell’intento sono i vari Summer Camp per adolescenti e giovani che sul territorio, durante il periodo estivo, vengono proposti. Sono occasioni dove i giovani si possono sperimentare come cittadini attivi che si prendono cura di spazi comuni ad utilizzo della collettività. Sono occasioni “forti” sia a livello relazione tra i giovani stessi, sia rispetto al contributo che essi stessi portano direttamente e in modo tangibile alla comunità. Ma sono anche grosse occasioni dove apprendere e sperimentare le cosiddette soft skills o competenze di vita. Attitudini molto richieste nel mondo del lavoro, e che la scuola fa fatica a trasmettere e far apprendere.
Nelle iniziative da voi realizzate nel territorio, e che prevedono il coinvolgimento dei giovani, come fate a suscitare interesse e partecipazione? E in che modo gli operatori li tengono “agganciati” e promuovono un lavoro di squadra durante tutta la durata delle iniziative?
Sono quattro gli elementi da tenere presente per poter
coinvolgere attivamente i giovani.
Primo, i loro interessi, le loro proposte, le loro
attitudini: sono caratteristiche da valorizzare nei percorsi di
coinvolgimento, favorendo quindi l’espressione o sperimentazione di queste
caratteristiche.
In secondo lugo, non calare dall’alto la proposta,
ma coinvolgerli fin da subito nella costruzione dei contenuti a partire da una
idea comune o da una proposta che si può rimodulare, adattare.
Terzo consiglio: il fare concreto come
elemento che permette di aggregare, di coinvolgere, di non stare solo sul
livello di progettazione, ma anche per arrivare a vedere un prodotto finito,
una attività reale.
Infine, poter avere un ritorno, un “vantaggio”.
Per molti giovani è utilissimo avere un riconoscimento concreto e tangibile
rispetto all’esperienza fatta. Una attestazione, una valorizzazione per i percorsi
di alternanza, un riconoscimento anche economico permetto non solo il
coinvolgimento. Ma la valorizzazione dell’esperienza all’interno del processo
orientativo di costruzione del proprio futuro lavorativo.
*testo a cura della Redazione
FAMILY M’APP: uno strumento per conoscere le occasioni di crescita e incontri per i giovani del territorio
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